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BAIA

Secondo la leggenda, il suo nome deriva da Bajos, il nocchiere di Ulisse, che qui fu sepolto. Il suo golfo, racchiuso tra i rilievi di punta Lanterna a sud (su cui è posto il Castello Aragonese) e punta Epitaffio a nord, non è altro che un antico cratere vulcanico, risalente a circa 8.400 anni fa e conservatosi solo per metà, essendo la sua parte ad oriente sprofondata o del tutto erosa dal mare.

In epoca romana, come testimoniato dalle ricche ville, fu luogo di riposo e di villeggiatura frequentato da patrizi romani. La località era infatti famosa per le sue calde acque termali, ricercate per lusso e per la cura delle malattie

CASTELLO ARAGONESE DI BAIA

Il Castello sorge su di un promontorio in una posizione strategica che per secoli lo ha reso inespugnabile.

E’ stato costruito sui resti di una villa romana, forse la “villa di Cesare” (Tacito afferma che la villa di Cesare si trovava su di un’altura dominante il golfo di Baia), i cui resti furono distrutti e talora inglobati nell’attuale fortezza. 

La costruzione del castello fu avviata dagli Aragonesi – insieme a numerose altre fortificazioni nel Regno di Napoli – nel 1495. Durante i secoli ha subito varie trasformazioni, fino a diventare nel 1984 sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

PARCO ARCHEOLOGICO DELLE TERME DI BAIA

L’affascinante area archeologica è caratterizzata da una stratificazione di costruzioni, ville e complessi termali, appartenenti ad un periodo storico che interessa la tarda età repubblicana e le età augustea, adrianea e severa.

L’abbassamento del suolo al di sotto del livello del mare, a causa del bradisismo, pare essersi verificato in due fasi: tra il III ed il V secolo d.C., ancora in epoca tardo imperiale, che fu seguita da una più consistente invasione marina qualche secolo dopo. Baia fu in gran parte sommersa dal mare verso il VII – VIII secolo d.C.[1].

Tra i resti più significativi sono da segnalare alcune strutture voltate a cupola come il grande Tempio di Diana, il Tempio di Mercurio e quello di Venere (si tratta in ogni caso di strutture termali e non di luoghi di culto, per i quali però è sopravvissuta la denominazione popolare).

PARCO ARCHEOLOGICO SOMMERSO DI BAIA

L’area rappresenta, assieme al parco sommerso di Gaiola, un esempio unico in ambito Mediterraneo di protezione archeologica e naturalistica subacquea. Le due aree protette, si propongono appunto la tutela e lo studio dei reperti archeologici sommersi in tali aree congiuntamente alla salvaguardia degli ecosistemi marini e costieri.

La particolarità di tali zone è legata al fenomeno vulcanico del bradisismo che ha interessato da sempre l’intera costa nord dell’area napoletana. . Tale fenomeno ha provocando negli ultimi 2000 anni l’inabissamento della linea di costa romana di circa 6/8 metri. Intorno al primo secolo a.C. infatti l’intera zona costiera a nord di Napoli era una fiorentissima stazione climatica, resa alla moda anche dalla presenza di una villa imperiale

Fra gli ambienti di maggiore pregio, che oggi si trovano inabissati, vi è il ninfeo di Punta Epitaffio, triclinium con funzione di sala per banchetti risalente all’epoca dell’imperatore Claudio, le cui statue sono state trasferite all’interno del Museo archeologico dei Campi Flegrei dove l’ambiente è stato ricostruito.

PISCINA MIRABILIS

Si tratta della più grande cisterna nota mai costruita dagli antichi romani, ed aveva la funzione di approvvigionare di acqua le numerose navi appartenenti alla Classis Misenensis della Marina militare romana, poi divenuta Classis Praetoria Misenensis Pia Vindex, che trovava ormeggio e ricovero nel porto di Miseno

La cisterna venne interamente scavata nel tufo della collina prospiciente il porto, ad 8 metri sul livello del mare. A pianta rettangolare, è alta 15 metri, lunga 70 e larga 25, con una capacità di oltre 12.000 metri cubi. È sormontata da un soffitto con volte a botte, sorretto da 48 pilastri a sezione cruciforme, disposti su quattro file da 12.

La piscina mirabilis costituiva il serbatoio terminale di uno dei principali acquedotti romani, l’acquedotto augusteo, che portava l’acqua dalle sorgenti di Serino, a 100 chilometri di distanza, fino a Napoli e ai Campi Flegrei. Parte dell’antica cisterna è aperta ai visitatori.

CASINA VANVITELLIANA

A partire dal 1752 l’area del Fusaro, all’epoca scarsamente abitata, divenne la riserva di caccia e pesca dei Borbone, che affidarono a Luigi Vanvitelli le prime opere per la trasformazione del luogo. Salito al trono Ferdinando IV gli interventi furono completati da Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, che nel 1782 realizzò il Casino Reale di Caccia sul lago, a breve distanza dalla riva.

Questo edificio, noto come Casina Vanvitelliana, fu adibito alla residenza degli ospiti illustri, come Francesco II d’Asburgo-Lorena, che qui soggiornò nel maggio 1819. All’interno dell’edificio furono accolti Gioachino Rossini e, più recentemente, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi

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